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Un ballo mentre si poga: Uncharted 4

Spoiler: questo articolo fa parte di una collana dedicata ai giochi della generazione che va morendosi.

L’obiettivo è unicamente presentare i giochi che ho provato a fondo e che mi sono piaciuti in maniera particolare, per svariati motivi. Al gentile pubblico sia noto che non si vuole qui e ora selezionare quelle che ritenga essere, in senso assoluto, le migliori uscite della generazione PS4/XB1 (e Wii U/Switch).

La mia storia con Uncharted 4: Fine di un ladro, comincia con un inseguimento. Immaginatevi la scena: tangenziale est di Milano, metà mattina di un giorno feriale, densità di veicoli facilmente presumibile. Il primo tentativo di consegna della copia review del gioco si è spento in un incrocio di insulti tra il vostro caro e il servizio assistenza del corriere deputato, mi pare UPS. Il secondo, perso un intero e prezioso weekend*, è questo: quello che segue l’avviso perentorio alla sede dei postini accelerati, “vengo io, tenete il pacchetto lì da voi”. Tutto è apparecchiato alla perfezione perché si scivoli facilmente nello psicodramma.

E le attese vengono ripagate, perché dopo essermi divincolato nel dedalo di viuzze della zona industriale in cui sonnecchia il centro smistaggio del corriere, mi viene recapitato un messaggio dall’aldilà: il pacchetto è stato rimesso in consegna.

Un breve conciliabolo, che sorprendentemente esclude ogni forma di aggressione fisica e perfino verbale, porta all’evoluzione della vicenda: l’autista viene raggiunto al telefono e gli si intima di fermarsi, per Dio, fermarsi. Alla prima stazione di servizio avvistata. Così fa e però devo raggiungerlo entro breve, ché ha da fare altre consegne. Zigzagando tra city car e vecchi carcassoni, altri furgoni e camion di invidiabile tonnellaggio, raggiungo il tizio, mi approprio di Uncharted 4 e riparto bruciando le gomme (ma figurati).

Seguiranno tre giorni scarsi in cui il gioco di Naughty Dog viene vissuto con dedizione totale, un po’ perché in effetti se la merita, molto perché l’embargo sulla recensione salterà sempre troppo presto, rispetto alle ore di sonno che vorrei concedermi. O ai pranzi. O a uscire il cane. Ma vale la pena farsi il sangue amaro e iniettarsi borracce di caffeina in corpo, perché l’ultimo Uncharted (ma davvero?) è mastodontico e prepotente, elegante ma chiassoso, figlio in qualche modo anche della saggezza che parte di Naughty Dog ha sviluppato negli anni di The Last of Us, pur non condividendone il senso della misura.

Uncharted 4 è il campione degli illusionisti e strappa sempre applausi al suo pubblico.

Uncharted 4 è volutamente esagerato e squassante, incapace di capire quando fermarsi, ma ancor più amabile proprio per questo (certo, giocarselo senza l’effetto maratona non avrebbe infastidito). Ha dentro tutto quello che Naughty Dog ha capito con i precedenti episodi e dà effettivamente la sensazione di non aver lasciato altro da dire, se non sotto il profilo narrativo, di certo in quello del gameplay. Che non era il punto nevralgico della saga e Fine di un ladro lo aveva confermato. Si attestava comunque su livelli più che godibili, quanto basta per giocare il suo ruolo nell’ampia coreografia allestita dal team capitanato da Neil Druckmann e Bruce Straley.

Ci sono avventure in cui la somma delle parti vale più delle stesse, prese singolarmente: Uncharted 4 lo dimostra ampiamente ed è, a mio parere, tra le ore che si possono spendere meglio con un DualShock 4 in mano.

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