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Giornate Lavoro

Club Tropicalia

Monsole milanese: una realtà.
Monsone milanese: una realtà.

La faccia schifata, contrita, disgustata e allucinata di una signorina per bene quando la metropolitana si ferma a Centrale. Lei, discesa dal cielo sulla sua nuvola di zucchero e attorniata da mille putti canterini, non può sopportare di trovarsi dove si trovi. Di fronte ha un impiegato vestito bene, forse addirittura un dirigente: giacca che stoica sopravvive al vapore umano che sale dal carro merci in cui si è tramutato il vagone, dà le spalle alla Principessina di ‘Sto Cazzo. Non mi sembra emani chissà quale fetore, peraltro cosa assai più che probabile anche quando si parla di giaccati&cravattati omini che in altri tempi furono Yuppies. Invece lei è schifata, con quel suo rifiutare la realtà che mi pone mille domande sull’incapacità di tanta gente di venire a patti con la realtà. E la realtà della Milano da bere di oggi è che si beve l’acqua piovana del monsone che ha investito provincia e capoluogo, tanto che ci metto quaranta minuti di auto da casa a Cologno, dieci minuti di attesa della metrò di cui sopra e poi un viaggio che, nonostante le bellezza di “Terra” (S. Benni) e “Tearjerker” (Red Hot Chili Peppers), tende a diventare fastidioso. Soprattutto perché a un certo punto non c’è più spazio per tenere aperto il libro e quindi mi tocca divagare e studiare la fauna, con particolare attenzione per quella che, incurante delle più normali leggi volumetriche e della compenetrazione dei corpi (al di fuori della filmografia pornografica), continua a spingere ossessivamente per trasportarsi dalla banchina al macello interno della carrozza.

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Giornate Lavoro

Pure morning

Non mi ero ancora accorto che ci fosse così tanta ironia a Osnago.
Non mi ero ancora accorto che ci fosse così tanta ironia a Osnago.

Le ultime volte che è successo c’era un aereo da prendere o qualcosa di letteralmente straordinario: mi sono svegliato alle sette meno un quarto. Di mattina, precisazione meno banale del previsto quando si parla di vita da freelance. E difatti non è più vita da freelance: dal 22 giugno 2009 e per un anno (rimanendo nel campo delle certezze) ho firmato una quantità di fogli che mi incasellano come Redattore Web dell’ufficio New Media di Giunti Editore. Il che si traduce nel dover raggiungere Milanofiori ogni mattina entro le nove. Ovvero: sveglia alle 6.45 circa. Ma il primo viaggio ha già dimostrato che c’è ampia manovra di ottimizzazione, così come ai tempi gloriosi della scuola: ritengo credibilmente di poter puntare a 15 minuti (se non 20) extra di sonno, per poi affrontare in dieci minuti il contatto con la realtà, la doccia e infine la colazione/pranzo di Zero.
Il primo giorno viene  archiviato con una buona dose di (yeeeh!) ottimismo: non solo il servizio Ore Sette del Corriere della Sera ha ora una funzione imprescindibile, ma tornano anche a farsi vedere tutti quei bei momenti a base di walkman (ora naturalmente è un iPod) e di letture su treno, metropolitana e addirittura autobus. Due palle? Be’, sì, fondamentalmente un po’ due palle. Ma nemmeno troppo. In poco più di un’ora sono atterrato a Milanofiori, disperso per l’ennesima volta tra i dedali del quartiere-da-uffici tutti uguali.
Tutto molto bello, ho anche imparato dei fatti nel primo giorno di lavoro. Cosa che non succedeva da anni, per dire. Ora il ritorno, che sarà peggio dell’andata.

Ore 7:30 circa, partenza da casa.
Ore 7:30 circa, partenza da casa.
Ore 8:50 circa: arrivo a Milanofiori.
Ore 8:50 circa, arrivo a Milanofiori.
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