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Variopinto

I nuovi eroi #3

Davanti
Davanti

Mi trovo in seria difficoltà, una difficoltà che sorpassa e inamidisce di gran lunga il brivido di gioia di fronte al nuovo volantino elettorale che questa sera mi ha accolto placidamente al ritorno a casa. Troppi giorni senza che i miei candidati venissero a fare una citofonata né nulla, uno ci tiene. Però… però poi ho dato una scorsa alle quattro (!) facciate del voluminoso comizio su carta e mi sono sentito smarrito. A prendere la parola è ancora il gruppo “PDL Lega per Osnago”, quelli che settimana scorsa si erano comportati, tutto sommato, piuttosto bene. Il lessico non era male, il messaggio vagamente xenofobo da ignoranza calcolata, ma la sufficienza se l’erano portata a casa. Oggi… dio santo che dramma oggi. La punteggiatura è morta, risorta e rimorta, questa volta tumulata per sempre sotto quintali di puntini di sospensioni lanciati con un mortaio che mortifica non solo quelli della Crusca, ma anche un qualsiasi studente che si sia già affacciato alla dura realtà della prima media. Dolori indicibili, e incazzature incomprensibili. Si parte forte, la prima riga: “Caro Strina”. Strina? Chi cavolo sarebbe Strina? E’ l’attuale sindaco? Non so non so non so, eppure sono quasi certo di ballare la discomusic. I riferimenti sono continui e reiterati, si risponde a delle accuse… ma quali accuse? Chi mi ha lasciato fuori? Perché fare questo a me, il vostro amichevole cronista di quartiere? Dov’è il mio foglietto con le graffiate e le tirate di capelli del PD ai nemici giurati? Perché c’era, c’è, c’è stato, da qualche parte. Altrimenti questa roba che mi ritrovo in mano è troppo cagna anche in foto. Il male si acutizza quando realizzo che lo stendardo di violenza (s)grammaticale è troppo, troppo soprattutto per il mio povero scanner che non ce la fa a contenerlo, se non nella prima e nella quarta facciata/pagina. E allora a voi il Brambilla e la sua squadra. Certo che, prima o poi, il torto verrà raddrizzato. Ché il giorno del giudizio “è ogni giorno, per tutti noi” (Zio Lampa).

Didietro
Didietro
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Musica Variopinto

Coerenza spaccapalle

"If man is five... Then the devil is six"
"If man is five... Then the devil is six"

Non sono uno aperto alla novità e alla diversità culturale quanto supponevo. Ogni tanto me ne accorgo. Prima penso: “dio santo, quanto sono superiore”. Poi entra in gioco il jumper del politically correct e si passa a un: “mi pare corretto, anzichenò, rispettare questa scelta che mi vede solo inizialmente nemico, però magari posso estirparci via* un po’ di saggezza extra”. Dopo dieci minuti torno alla superiorità, ma fa nulla. Poco più di un anno fa conoscevo una persona. Una che parla. Ma tipo parla un sacco più di quanto uno si aspetterebbe da una persona che parla un sacco. Non ci pensa eh: prende e va, poi cambia discorso, poi ricomincia, poi attacca con le implicazioni pratico-sociali della disoccupazione pressoché totale dei calzolai. E ricomincia. E’ la Santilli, per andarci giù dritti. E lei mi aprì una porta su di un mondo che non volevo riconoscere, se non nella dimensione alternativa fatta di fan di Vasco e risma simile: lei ascoltava (ascolta?) principalmente canzoni. Non dischi, canzoni. Una canzone da quel disco, una da quell’altro. La prima volta che mi sono soffermato sul suo iTunes ho visto la stanza girare: due zillioni di artisti, quasi nessun album completo. Per un feticista dell’iTunes era un dolore di difficile sopportazione. Per un maniaco dell’album integrale, un male da estirpare. Per un teorico della discografia completa come unica via verso la conoscenza, un inferno a cielo aperto. Sono talmente impucciato in questo brutto mondo che non solo i dischi vanno sentiti interi altrimenti vuol dire che l’artista è una mezza sega (non serbo amore per gente che azzecca un singolo e ciao), non solo è male fermare il disco a metà, non solo le raccolte di greatest hits sono per chi non vuole sbattersi a capire se c’è qualcosa di vero oltre la canzone da radio… ma nemmeno si mette il repeat. La canzone, se infilata in un disco completo, non si ripete. Perché deve essere preservato l’ordine e l’integrità dell’opera, va gustata la direzione che prende l’onda musicale, prima e dopo quel pezzo che tanto lo sai che nove su dieci è meglio di quello dopo. Anche se quello dopo è un bel pezzo. Ma anzi, meglio così, perché i dischi belli per sul serio sono come dune mobili che vanno addocchiate mentre si muovono e prendono nuove forme. Dall’inizio alla fine. Però, mmminchia, io ora tornerei a riascoltare per la seconda volta di fila “Monkey Gone to Heaven”. Cazzo.

* Agnelli dice che è una licenza poetica

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Insalatunes: Pearl Jam

PJ: nervosismo da insalata?
PJ: nervosismo da insalata?

Ci sono dei requisiti essenziali per prendere parte al festival karmico Insalatunes: bisogna aver portato a casa più di cinque dischi e bisogna essere perlomeno catalogati tra quelli che “non fanno sempre la stessa roba”. I Pearl Jam soddisfano senza discussione alcuna entrambi i criteri. E dopo essere balzati all’onore delle cronache di questo blog per il nuovo sottotitolo a base di cetriolo, si meritano anche la relativa insalata randomizzata.
La prima proposta è interessante e coraggiosa, niente celebri pezzi che hanno fatto la storia delle camice di flanella coi quadroni, ma “All Night”, una canzone che avrebbe voluto finire su “No Code” e invece si è dovuto accontentare di conoscere il grande pubblico attraverso “Lost Dogs” (2003). Non è la più rappresentativa dell’intera carriera dei PJ, ma perlomeno ha un bel po’ da dire sui Pearl Jam della seconda epoca, quelli alle prese con melodie meno immediate e riff di chitarra non propriamente “da stadio”.  Che sia nata nei tempi “o la va o la spacca” del post-grunge (non come genere, come epoca) è lampante: non c’è nessun Jeremy a raccontare una storia, non c’è nessun inno generazionale, ma una batteria di padelle che Jack Irons percuote sistematicamente mentre Vedder tenta in tutti i modi di confondersi col tappetone sonoro. L’unico vero momento di eccitazione di McCready viene lasciato vivere sottotraccia, senza i clamori e i riflettori che avrebbe preso in altri tempi. Idealmente è tra le prime canzoni “col vocione” di Vedder, quello da ometto fatto, quello da quello che vuole diventare il nuovo saggio e intanto, per l’occasione, tira in lungo un lamento. iTunes sofisticato: per prendere parte all’insalatone PJ serve subito essere ben predisposti.

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I nuovi eroi #2

Il bianco e nero mette addosso la tristezza :(
Il seppia mette addosso la tristezza 🙁

Come da copione, le parti in lotta si dannano per riempire di carta straccia le caselle delle lettere. Oggi, a salutarmi vicino al Corriere della Sera odierno, c’era un bel foglio A4: “PDL Lega per Osnago”. L’occasione ci è lieta per presentare il secondo appuntamento di questa prima stagione di “I nuovi eroi” (clicca qui per la prima puntata). Iniziamo subito col dare a Cesare ciò che è del Brambilla. Già, perché a questo giro suona virtualmente alla porta di casa nientepopodimeno che Claudio Brambilla. Col Brivio di ieri abbiamo coperto quindi il 40% dei cognomi lombardo/milanese/lecchesi, “check”. Però… però, come stavo dicendo, qui le cose sono fatte davvero con del criterio rispetto al fazzoletto di “Sinistra e Libertà”: nessun orrore ortografico, tranne una discutibile gestione dei puntini di sospensione nell’immagine che potete vedere qua sopra. Non c’è nemmeno l’ombra del Comic Sans e, incredibile a dirsi, il programma presentato è meno qualunquista di quello del Brivio. Nulla di sorprendente eh, tutto nelle solite corde del PDL in formato Lega:

“Contribuire a rilanciare le iniziative economiche presenti a Osnago / estendere le agevolazioni a sostegno delle famiglie in difficoltà / rafforzare il senso di sicurezza nei cittadini / contenere le spese superflue del comune per un miglioramento dei servizi / verificare la situazione contabile del comune”.

Proprio così, partendo dal fondo: vengo a sapere che l’attuale giunta comunale osnaghese è di sinistra. Il che spiega una certa gestione libertina dei sensi unici che mutano col variare dell’umidità nell’aria. Ma è nel corpo principale del testo che il Brambilla tiene il solito contentino leghista:

“[…] preservazione della nostra identità culturale, delle nostre origini e delle nostre tradizioni”.

Leggasi: “non ci so-no ne-gri osna-ghe-si! [bom-bom-bom-bom]”. Probabilmente si fa riferimento alla valida e fondante cultura della Golf col neon sotto lanciata a 140 verso i platani il sabato notte, come da insegnamento del Di Gesù.
Chiudo con una nota a margine: la foto che occupa tutto un lato del foglio riprende i lavori nella “”piazza centrale”” (doppie virgolette, non è una piazza, non è nulla) di Osnago. Che han fatto un po’ un lavoro da minchioni, considerando che ora l’unica via del paese (ce ne sono quattro in tutto, ok) è passato da doppio senso a senso unico senza apparente motivo se non quello di regalare del sagrato extra alla, immagino, potentissima casta ecclesiale della zona… dicevo, che sia un lavoro da decerebrati è ovvio, ma la foto piazzata appositamente in un seppiolone per raccogliere tristezza brasiliana è un colpo di classe mica da ridere.

P.S. postilla: PDL e Lega non mettono la preservazione del territorio tra le loro priorità, quindi nulla si può dire del fatto che non abbiano stampato usando carta riciclata.

Sciur Brambilla
Sciur Brambilla
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Insalatunes: The Cure

The Cure - anche a loro ci piace la birra
The Cure - anche a loro ci piace la birra

Si vede che ho finito il grosso dei lavori e ho del tempo extra? Si vede. Ritornano, per acclamazione del popolo, i vecchi post insalatari. Roba che, credo, risale all’epoca LiveJournal. O forse non è vero e non è mai risalita a nulla e non li ho mai scritti su di un blog. Comunque sono faccende nate all’epoca della redazione corridoio di NRU: prendi tutto quello che hai di un artista su iTunes, lanci la riproduzione casuale e ti segni giù le prime dieci. E’ un metodo scientifico particolarmente utile per studiare i gruppi con almeno un quattro o cinque dischi alle spalle. Per studiare l’evoluzione o la mancanza di evoluzione e scoprire, magari, punti della carriera che, insospettabilmente, si palpano l’uno con l’altro. Questo è un modo, quello migliore, invece, sarebbe di spararsi tutta la discografia di fila. Cosa che ogni tanto faccio anche, con indicibile godimento (nel week end è stata la volta dei Queens of the Stone Age con una spruzzata di Kyuss, per esempio). Ma quando non c’è tempo o si vuole buttare tutto in caciara, meglio il randomizzatore. Che per questa prima occasione tocca ai Cure.

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I nuovi eroi

Probabilmente ha delle Clarks
Probabilmente ha delle Clarks

Parto da una premessa che non è una premessa, perché col post che vado a scrivere non ha davvero nulla a che fare. Oggi qualcuno ha visitato questo blog dopo aver utilizzato come termini di ricerca: “fiabe porno gratis”. Ora, non so se essere più onorato della (seppur casuale e irripetibile) presenza di un tale post-umanoide, o incuriosito dalla scoperta dell’eventuale esistenza di fiabe porno. Che oltretutto non considera di particolare valore artistico, se le va cercando gratis (ma in effetti questo è tutto da discutere). Comunque sia: in attesa di scoprire che sarà di Cappuccetto Rosso e di quel brighella del lupo, arriviamo all’argomento del giorno. Ovvero le nuove elezioni. Quelle che riguardano le province e, credo, il fantomatico Parlamento Europeo. Sì, esatto, il fatto che esista per davvero un parlamento europeo (ecco, si è già giocato le maiuscole) mi suona credibile quanto le fiabe porno di cui sopra, ma tant’è… Bene, considerato che voglio far finta di andare a votare, ho altresì deciso di dare una possibilità a chiunque si prenda la briga di infilarmi nella casella postale un suo bel volantino. Per questa prima occasione diamo un caloroso abbraccio ad Alessandro Pozzi! Ciao Alessandro, benvenuto Alessandro, siediti pure lì, sullo sgabello a forma di foca.
Bene, il Pozzi mi arriva con un foglietto rettangolare di fattura tutto sommato decente. Parte però malissimo: come potete abilmente notare dall’immagine a corredo, l’Ale si lancia forte con un “perchè” alla terza riga. Non solo: tutto il blocco su campo verde giunge nel classico Comic Sans che è un po’ la cartina tornasole della voglia di vivere. Zero o giù di lì. Nel mentre in cui si mette in piedi una crociata anti Comic Sans, procediamo con la lettura. Anzi, procedete pure da soli, ché tanto c’è poco di che discutere. Pozzi arriva partecipando al codone “Sinsitra e Libertà con Virginio Brivio”. Dire “Brivio” da queste parti è come dire “Brambilla”/”Fumagalli” a Milano, insomma tutto e nulla. Il programma e gli impegni, però, sono solidi: “la tutela dell’ambiente”, “la promozione culturale del territorio”, “la centralità della persona”. Attendo ansiosamente altri candidati, fiducioso che nessuno oserà andare al di là di questo bel trittico valido per tutte le stagioni e nessuna in particolare. Non so cosa sia o perché esista “Sinistra e libertà”, ma per ora la inquadro senza troppi problemi in zona “centro-pavido”. Curiosa e stravagante quanto la sabbia in mezzo al deserto.
Nota per chiudere: il fogliettino non è stampato su carta riciclata, ergo il primo punto del programma è già un po’ a puttane.

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Cristina del Grande Fratello nuda

Mulo, ai tempi della pietra
Mulo, ai tempi della pietra

Lo sai, sai che il mulo lo vuole
Lo vuole, e lo vuole la domenica, di domenica e la domenica
Andrà lì e se lo papperà
Un giorno se lo papperà intero
La domanda: quanto dovrò aspettare?
Sii il mulo, il mulo che devi esseri

E allora un giorno sarai sott’acqua, sotto l’acqua
Quel che devi fare è affondarlo, fai creder loro che sia troppo tardi
Per il tuo amore
Per questo, sii il mulo che devi essere

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Peggio di Pilo, Gianni

Sì dai, diventiamo gli amici!
Sì dai, diventiamo gli amici!

Ma sinceramente, ma cosa cazzo fate? Ma lavorare no? C’è una valanga di gente che non solo passa il tempo a infarcire di commenti Facebook fino al termine delle 8 ore sindacali, ma magari sbatte via altre enne ore coi quiz/sondaggi. I peggio sondaggi. Le peggio cazzate. Le peggio cazzate! Roba che se la fai su “Gente”, “Oggi” o “Chi” mentre aspetti dal dottore, ti vergogni e strappi la pagina. Invece no: qui si fanno, si pubblicano, si commentano, si propongono. Con la scusa che “oh dai, è Facebook”, si tirano su dei cumuli di schifo da antologia. La gente non si vergogna più, ci vuole Brunetta. Scelgo a caso: “Che posizione sociale aveva il tuo cognome”, “Scopri che rapporto sessuale vuoi”, “Scopri il vero significato del tuo nome”, “Quale canzone dei Queen ti rappresenta?”, “Quale creatura mistica ti rappresenta?”. Quale creatura mistica ti rappresenta?!? La parte peggiore non è nemmeno che il mondo si sta sparando questa marea di puttanate in orario più o meno di lavoro, giustificando la teoria per cui l’uomo di oggidì ha troppo tempo libero, anche sul lavoro. No, la parte peggiore è che la gente che hai su Facebook magari (magari eh, non è detto) la conosci. Quello lì, proprio lui del rapporto sessuale che si scopre “selvaggio”, è un inarrivabile monte di sfiga che, sai per certo, non snasa odore di donna da che gli Wham si sono separati. E quella donna era sua sorella. Le peggio cazzate, senza l’idea della vergogna, perché è Facebook e quindi va bene tutto, “si scherza!”. Sì, ma io ho schifo a sapere che posizione del Kamasutra di Dragon Ball è quel rincoglionito del terzo ufficio a destra.

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Reginette con lo scalpello

R - Queens of the Stone Age (2000)
R (2000)
Era Vulgaris (2007)
Era Vulgaris (2007)

Mi trovo in una sorta di limbo del fastidio anti-blog. Non mi viene in mente cosa scriverci, ma vorrei farlo. Come di fronte alle strepitose pagine di approfondimento sull’arte videoludica che, ahimé, devo compilare mal che vada una volta al mese, ho mezza idea, poi ci penso sù e mi dico che non si possono buttare lì due righe per farlo. Non con quello che pagano i miei abbonati. Quindi provo artificiosamente a costruire qualcosa in cui non credo nemmeno io. L’occasione nasce comunque dal ritrovamento nei meandri della rombante Civic di un CD di un paio di anni fa: “Singolarmente”. Si chiama così perché ci avevo piazzato sopra i singoli nuovi di quella primavera: “Icky Thump” (The White Stripes), “3’s and 7’s” (Queens of the Stone Age), “Do it Again” (The Chemical Brothers) e… e in più, soprattutto, alcuni album interi. Tra cui il sufficientemente noioso “Volta” di Bjork (ridatemi HomobjorkPost!) e quattro splendide raccolte dedicate a Josh Homme e soci barbari: i Queens of the Stone Age. Quattro album donati dal mondo fatto a torrente e dedicati alla roba rara, non da disco ufficiale, magari molto da sessione nel deserto. Disquisizione sui Queens of the Stone Age!

Songs for the Deaf (2002)
Songs for the Deaf (2002)

I fatti: i QOTSA hanno un acronimo che è una roba dell’altro mondo, splendido – i QOTSA sono tra le poche cose davvero buone che ci hanno portato gli anni 2000 (sì, il primo è del ’98, ma il bordello vero accade negli ’00) – i QOTSA riportano in carreggiata Mark “Nostro Signore” Lanegan – i QOTSA si annoiano e regalano a Dave Grohl il suo miglior disco dai tempi di “In Utero” – i QOTSA dal vivo sono al di là del bene e del male, sono lo spettacolo sudato e ruvido per cui strapparsi le mutande che ogni festival musicale (e non) dovrebbe avere. I quasi fatti: le copertine e le scelte artistiche rispecchiano alla perfezione la dissociazione mentale e musicale del gruppo. Date un’occhiata alle due immagine qua attorno, sono le “cover” del disco di debutto omonimo e di “Lullabies to Paralyze”, il difficile compito post “Songs for the Deaf”.

Lullabies to Paralyze (2005)
Lullabies to Paralyze (2005)

Non sono brutte, sono oltre: sgraziate e luride, in entrambi i casi paiono bootleg fatti male da un sedicenne che ha scoperto delle fiabe oscure e il porno gratis. Brutte in tutto, pure nella scelta del font per logo e titolo. Cavernicoli del menga! In realtà vale la pena fare dei distinguo, che non si cialtroneggia qui: la foto di copertina del disco di debutto è roba, teoricamente, ricercata. Ovvero uno scatto degli anni ’70 di Mark Gabor . Il problema è proprio il font e tutto quello che gli gira attorno, e le linee nel libretto non lasciano spazio a dubbi: “package@1998Kozik/Homme”. Colpa del bestio canterino.

QOTSA (1998)
QOTSA (1998)

Altra faccenda per “Lullabies to Paralyze”: il lavoro dentro, nel libretto, è roba interessante. Illustrazioni finto psicopazze + fiabe per bambini eroinomani + uomo nero che ti rapisce. Ci sta. Quel che non ci sta, nel lavoro che si scopre addebitato a tale Hutch, è ancora una volta il font, il logo, la disposizione del tutto sulla cover. Il male fatto male. Il che fa abbastanza ridere, perché il secondo e il terzo lavoro in studio (“R” e “Songs for the Deaf”), sono essenziali e deliziosi. Di classe e gusto, anche e soprattutto cromatico e di logo. Bello strano, perché il nostro Hutch ha messo le mani e deciso tutto ai tempi dello spermatozoo-Q del disco rosso di cui sopra. Il cianone al centro di “R” è invece da addebitare a un’idea dello stesso Homme  e dell’ex amico picchia squinzie Olivieri, però supervisionati d Francesca Restrpo e Design Palace. Chiudiamo: il letale Hutch torna a far danni estremi (questa volta lavorando malamente anche su quanto di buono aveva fatto con lo spermatozoo) in “Stone Age Complications” (EP). Fino alla via di mezzo più che accettabile di “Era Vulgaris”: scomparso Hutch è tutt’altra gente che se ne occupa (Morning Breath, Inc.).
Che c’entra tutto questo con la musica? Con della bella musica? Nulla, infatti dovreste proprio andare a cercarvi “QOTSA B-Side and Rarities” dal volume 1 al volume 4 e spararveli malamente su di un qualche stereo o quel che volete. E lasciar perdere i blog senza idee.

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