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E assomiglia pure a Mario Giordano!

Beppe Severgnini

Ma lo sapevate che Beppe Severgnini è interista? No? Be’ ma è clamoroso! Vi assicuro che è interista! Lo ha scritto lui sul Sette di oggi. O forse era sul Corriere di ieri. O forse su Style di settimana scorsa. Sempre che non mi stia confondendo con Vivimilano di otto giorni fa. Anche se ci sono buone possibilità che si trattasse del Corriere di lunedì. Eh si oh, un paio di volte gli è scappato di accennare alla cosa, fuori contesto. In qualsiasi altro contesto, ovunque, sempre, cheppalle. Presente la battuta sulle polveri sottili che si faceva quando i nerazzurri hanno vinto una Coppa Italia qualche anno fa (dopo eoni di buio) e le bandiere riposte in soffitta sono tornate a sventolare a Milano? Esattamente la stessa cosa.
Beppe Severgnini, che gli si vuole bene anche se non so esattamente il perché, forse perché è troppo intelligente per essere come Vincenzo Mollica e troppo patatone per volergli davvero qualcosa di male (tipo che gli si slaccino le scarpe per strada, queste cose brutte). Beppe Severgnini, dicevo, è un bell’argomento blogghico, ce ne sarebbe da dire, e per cominciare si può proprio partire da questo suo essere uno dei tifosi interisti più fastidiosi della storia. Sullo stesso piano dell’attuale Dr. Manate e di un AleGalli che fino a qualche anno fa era semplicemente davanti a tutti (ciao Aleganza, mio unico amministratore delegato).
Poi appena mi scende il fastidio provo anche a fare l’elogio funebre di Sette, del nuovo Sette già vecchio. Sulla cui bara c’è il bel sigillo in ceralacca con la sigla: “Bsev”. Buongiorno, intanto.

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Serie A Live: Spietati Vs. Equilibristi

Gattuso coccola a parole la panchina del Milan.
Gattuso coccola a parole la panchina del Milan.

“Insospettabile crollo”, scrive sul sito ufficiale l’addetto del Milan. Senza regalare nulla alla ragion di partito, per così dire, l’impiegato rossonero mette nero su bianco quello che è passato per la testa dei tifosi rossoneri alla fine del primo tempo. Un primo tempo in cui la squadra di Leonardo è partita bene, organizzata a centrocampo e capace di pressare alto. Fino a che ha tenuto, tutto è andato secondo lo schema del nuovo allenatore.
L’Inter, reduce dal fortunato pareggio casalingo col Bari, ha sofferto per venticinque minuti come una settimana fa: squadra che gioca discretamente palla a terra, ma non trova sbocchi degni di nota. L’innesto di un uomo dietro le punte (naturalmente il neo-nerazzurro Sneijder) trasforma la formazione, rendendola nel modulo identica agli avversari. E l’omino d’Olanda si fa vedere subito, con una bella stoccata da fuori. Ma manca ancora qualcosa. Manca che il Milan, che ancora non è squadra, ci creda un po’ troppo, lasciando quello spiraglio utile alla manovra degli uomini di Mourinho. Come al solito la porta viene aperta da Jankulovski, che non si preoccupa certo dello spiraglio: si chiama Thiago Motta, triangola, entra dalla parte del ceco e spara benissimo in rete.

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Sneijder e gli SMS di Mou: dì la tua

"No, aspetta, come sarebbe a dire che vado all'Inter?!".
"No, aspetta, come sarebbe a dire che vado all'Inter?!".

Wesley Sneijder ha un nome talmente figo che fa il doppio giro e rimane figo. Wesley Sneijder tutto sommato è ancora bello giovane: 25 anni. Wesley Sneijder prenderà quattro milioni di Euro all’anno, praticamente (e dando per scontato che si sia già svegliato) entro questa sera avrà guadagnato 11 mila Euro. Wesley Sneijder ha l’attaccatura dei capelli che, per importanza e stile, lo avvicina a un grande acquisto del passato recente dell’Inter: Adriano Celentano. No, aspetta: Esteban Cambiasso. Wesley Sneijder, però, all’Inter non ci voleva venire.

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Serie A Live: Paciosi Vs. Mutati

Eto'o: l'entrata di Balotelli non l'ha fatto sorridere.
Eto'o: l'entrata di Balotelli non l'ha fatto sorridere.

Il vero vincitore, dopo i primi 45′ al Meazza, è proprio il Meazza. A mia memoria, mai il manto erboso della “Scala del Calcio” era stato capace di presentarsi in condizioni tanto sontuose. C’è quasi da credere che sia tutto sintetico. Di certo è sintetica l’Inter messa in campo da Mourinho, nel senso che ha ancora poco di naturale e istintivo: gioca molto (troppo?) con la palla a terra, punta sulla circolazione, tutti tengono diligentemente la posizione e quindi il lavoro del portoghese ha puntato nell’unica direzione possibile dopo la partenza di Ibrahimovic e l’arrivo di Eto’o. Ovvero la costruzione di qualche schema di gioco che vada al di là del “tira forte verso l’attacco che lo svedese farà qualcosa”.

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Zlatan Italian Style: 2004-2009

Zlatan "Zlavan" Ibrahimovic: come lo voglio ricordare.
Zlatan "Zlavan" Ibrahimovic: come lo voglio ricordare.

In un’era in cui le mosse di calcio mercato della Juventus erano sconosciute ai più, ovvero quando a muovere i fili c’era il burattinaio pazzo meglio noto come Moggi Luciano, le cose succedevano come d’improvviso. Tutto ad un tratto, come il coro di “T.V.U.M.D.B.”. Tutto ad un tratto è anche arrivato Zlatan Ibrahimovic, assieme a Fabio “Capo del Mondo” Cannavaro, alla fine dei potenziali giorni di contrattazione dell’estate 2004. E fino ad allora Zlatan era un bo’ con un naso da favola. Aveva gonfiato a modo suo la rete che all’inizio della stagione aveva condannato gli azzurri fuori dagli Europei, ma forse era stato un caso. E poi, non diciamo cazzate, era quella vecchia bestia anomala di Trapattoni ad aver ucciso tutto. Comunque arrivò. E io provai a indagare.
Mai, prima di allora, avevo speso tempo e (poche) forze per documentarmi seriamente su di un giocatore che non (cor)rispondesse alla fu-zazzera di Del Piero o allo sguardo gentile e determinato di Zinedine. Ma di Ibrahimovic qualcuno aveva detto grandi cose. Ne erano convinti anche i fan allo stadio (terminale) che lo avevano venerato all’Ajax. Tanto che il lodato mondo della Grande Rete era ricco di filmati amatoriali con le sue cose migliori. Sarà…

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Variopinto

Il pasticciaccio brutto di Facchetti e del Corriere

Fabio Cannavaro, perplesso, passa oltre.
Fabio Cannavaro, perplesso, passa oltre.

Il Corriere della Sera è ufficialmente l’organo stampa ufficiale dell’Internazionale Football Club. E’ l’unica evidente motivazione che può giustificare una “spalla” di commento pubblicata oggi nella sezione sportiva e firmata Gianfelice Facchetti, figlio di cotanto padre. L’uso comune vuole che, quando a scrivere sia un “invitato speciale”, un non-giornalista del Corriere insomma, due righe ricordino al lettore il perché e il percome della celebre firma. Così non avviene oggi, quindi rimane l’unica ipotesi che Facchetti Jr. sia effettivamente inserito nell’organigramma di via Solferino, evidentemente per distribuire comunicati stampa ufficiali marchiati di nerazzurro. Nel migliaio di caratteri odierni il Facchetti si lancia in un’accorata accusa alle parole di Fabio Cannavaro, capitano azzurro e neo-ri-acquisto juventino, che nei giorni scorsi ha ricordato di aver vinto due scudetti con i bianconeri, puntando quindi al numero 30 della società torinese. Le parole di Facchetti sono gentili e rispettose, non prendono posizione, né fanno intuire una benché minima acidità di stomaco:

Cannavaro insiste in maniera patetica sulla storia dei 29 scudetti, in barba alla giustizia sportiva. Lo fa senza ritegno, senza che nessuno dei vertici federali gli faccia presente quel che è stato e che il ruolo che oggi riveste comporta responsabilità

Così, senza colpo ferire. Ci va giù di fioretto proprio. Prende il capitano, quello a cui l’altro Fabietto impartiva ordini di coreografia (“Alzala alta capitano!”) meno di tre anni fa, e lo definisce “patetico”, “senza ritegno”. O perlomeno così definisce le sue esternazioni. Il Corriere non si premura né di inserire la questione all’interno di un articolo di dibattito, sentendo l’altra campana o, mal che vada, ponendo Gianfelice di fronte alla di un giornalista della testata che possa trattare Facchetti come “uno che ha delle cose da dire a riguardo” e non “la posizione del nostro opinionista Facchetti”. Che, così, pare essere anche quella del giornale tutto. Facchetti non solo ha la miopia di non intuire la visione umana e sportiva di un calciatore che, sul campo, ha sputato l’anima per quei due campionati. Facchetti non solo grida alla lesa maestà dimenticando che suo padre è stato accusato da più fonti (succede proprio in questi giorni al processo in corso a Napoli che, oltretutto, pare deciso a smontare un bel po’ delle verissime verità di quello sportivo organizzato da un ex alta sfera interista) di aver intrattenuto rapporti privati con gli arbitri. Facchetti non solo dimentica che suo padre è stato inibito alla professione per essere entrato, senza autorizzazione, nello spogliatoio di un arbitro nel bel mezzo di una partita (ricorda qualcosa che ha a che fare con Moggi). Facchetti non solo fa finta di difendere l’inattaccabile lealtà sportiva di un club che ha giocato per delle stagioni con calciatori tesserati grazie a passaporti falsi (certificati). Facchetti non solo passa sotto silenzio il fatto che Cannavaro abbia sempre (sempre, inclusi i tre anni al Real) reclamato come propri quegli scudetti, ma che anche Zambrotta per dirne un altro che alla Juve non è più legato, ha detto le stesse identiche cose. Ma soprattutto… lo ha ribadito poche settimane fa Ibrahimovic. Uno che, guarda un po’, arriva all’Inter, gioca nell’Inter, fa vincere l’Inter (e solo grazie a quel “processo”). E che è tuttora nella rosa dell’Inter. Non solo il bon Gianfelice fa tutto questo, ma fa anche la voce grossa, batte i piedi e sembra un po’ il pazzo che grida da solo. Perché si può discutere di tutte le faccende di cui sopra, ma tutti i giocatori della Juventus di quegli anni hanno vinto quegli scudetti sul campo, correndo, legnando, segnando, sudando: umanamente è una convinzione inattaccabile. Tranne che per Mr. Magoo.

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