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Il Natale del 1991

Trent’anni dopo il miglior Natale (della sua categoria). Tre giochi in casa, tre in sala giochi e le recensioni che non servivano a nulla.

Di questi tempi, trent’anni fa, avevo trent’anni in meno e tre giochi in più. Come le vacanze di Natale del 1991, non ne hanno fatte più. Ci sono state altre annate di qualità eccellente e sono abbastanza sicuro che ce ne saranno altre pregiatissime, ma in maniera differente. Ecco, se la metrica fosse un’opinione, ci starebbe bene iniziare riadattando il ritornello de “Le vacanze dell’83” dei Baustelle, a quell’inizio di anni ’90. Però non ci entra nemmeno a smartellare forte, quindi missione abortita.

Il Natale del 1991 è quello del Mega Drive, frutto di dodici mesi di richieste disperate e accompagnato da un countdown simile a una tortura auto-inflitta. Mi ero segnato i giorni mancanti alla Celebre Discesa di Gesù sul diario di scuola (l’agenda rossa di Cuore, forse non del tutto tagliata su misura per uno di prima media) e ogni ventiquattro ore passavano ben più lentamente di questi trent’anni di distanza. Però è successo. Per una questione di ineluttabilità, a scanso di chiamate finali dell’Altissimo, è successo.

Le vacanze in montagna del 1991 si sono configurate come un polpettone di buoni sentimenti dal taglio disneyano e non per nulla, in una delle serate nella casetta sulle Dolomiti, ci siamo anche visti Los Tres Amigos. Meno adeguate sono state, invece, le oltre due ore di Terminator 2: Judgement Day viste al cinema di paese. Epperò la qualità coincideva con tutto quanto proposto dal resto di quei giorni, anche se non riusciva a scalfire la prepotenza della tripletta del Mega Drive.

In quella vacanza si passò del tempo a studiare le immagini delle millemosse di Streets of Rage, pubblicate nelle pubblicità su Electronic Gaming Monthly.
Anche la comunicazione dedicata a Bonanza Bros. era non-proprio-esaltante. Nelle riviste a stelle e strisce, nemmeno si trovava una pagina pubblicitaria dedicata (a differenza di Sonic the Hedgehog e Streets of Rage, vedi immagine di apertura).

Assieme alla console, anche Sonic the Hedgehog, Streets of Rage e Bonanza Bros. A pensarci ora, non saprei dire perché ci siamo (io e mio fratello) orientati anche sulle ruberie dei fratelli Bonanza. Ricordo chiaramente come, mesi prima del Natale, una recensione del gioco di Computer + Videogames (UK) ci avesse chiarito che il gioco era, insomma, quel che era. Mi pare fossimo nelle paludi di una sufficienza piena, ma lontana dalle verdi praterie dell’>80% (forse 67%?). Eppure nulla, abbiamo tenuto duro e Bonanza Bros. si è goduto la shortlist finale e addirittura la premiazione assoluta. Ci abbiamo giocato e alla fine ti ci divertivi pure, ma Sonic e Streets of Rage erano fatti di un’altra materia.

Attenzione: tutta la successiva parte, quella dedicata ai coin op, non avrebbe dovuto esserci. I ricordi qua sotto si riferiscono, infatti, al Natale successivo, quello del 1992. Ma ormai è qua, scritto bianco su rosso, quindi lo lascio.

Ryo e Robert, i due soli personaggi disponibili nella modalità per giocatore singolo (vergogna!), venivano accompagnati anche dai nemici nel caso si andasse di uno-contro-uno.

Se la selezione casalinga non fosse bastata, e invece bastava, ci si poteva sempre rifare su quanto proposto dalla generosa sala giochi del paesino innevato. In quei giorni lanciavo monetine in tre giochi, su tutti: Blue’s Journey di Alpha Denshi, Art of Fighting di SNK e Hammerin’ Harry di Irem. Con le sue piattaforme e il suo stile gentile e misurato, Blue’s Journey si ritagliava uno spazio tutto suo nella roboante e monolitica line-up del Neo Geo. Al contrario, Art of Fighting era probabilmente il punto di arrivo dello strapotere dei 100 Mega Shock. Un picchiaduro 1-contro-1 che si beava di zoom e rotazioni, gonfiando i muscoli e strofinandosi il pacco di fronte agli ovvi limiti di Mega Drive e Super Nintendo. Il fatto che il Mega Drive era la tecnologia nuovissima e miracolosa appena comparsa in casa, rendeva il rapporto con Art of Fighting molto complesso. Reso ancor più articolato dalla devozione a Street Fighter II.

Blue’s Journey: diventare giganteschi e minuscoli, prima che diventare giganteschi e minuscoli was cool (e New Super Mario Bros. muto).

Console Mania aveva deciso che quell’Art of Fighting meritasse addirittura 99% e lo avevo scoperto leggendo l’ultimo numero proprio sdraiato sul letto, nella cameretta della casetta invernale già citata. Avevo deciso che non aveva senso mettere Street Fighter II e Art of Fighting sullo stesso piano, mi sembrava evidente che il gioco di Capcom fosse ben più profondo e riuscito, anche solo per la varietà concessa dalla quantità dei personaggi. Potrebbe anche essere vero che il ragionamento fosse molto più semplice: “non è Street Fighter II e minaccia le mie convinzioni in fatto di regali tecnologici attesi per un anno, quindi non è 99% manco per sbaglio”. Per merito o per fortuna, poi la storia mi ha comunque dato ragione.

Sta di fatto che in questi giorni, prima di venirmene qui in montagna (ma è una montagna differente), ho rimesso le confezioni di Sonic the Hedgehog, Streets of Rage e Bonanza Bros. vicine, per quanto siano altre confezioni (tranne quella di Sonic, credo). E che abbia sprecato un buon numero di gettoni dentro il cabinato casalingo che, in onore di quei trent’anni fa, propone proprio Blue’s Journey. Trent’anni fa andava bene, anche oggi va benino.

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