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Videogiochi

Avanti che c’è posto

"Like a badhead in the morning"
"Like a badhead in the morning"

iPod Touch e iPhone: il futuro dei videogiochi, le nuove piattaforme, la rivoluzione e una minaccia clamorosa per Nintendo e Sony ai loro DS e PSP. Pare bello da dire, suona bene e sui giornali ti senti a posto con la coscienza e col pubblico giovanile. La realtà è un’altra: se anche il futuro passasse da un modello come quello adottato da Apple, difficilmente potrà concretizzarsi in una singola generazione elettronica. Insomma: non in due o tre anni (e dall’apertura dell’App Store è già passato all’incirca il primo calendario completo). Primo, perché la presenza del prodotto fisico ha ancora il suo bel perché, capace com’è (quando ci riesce, ovvio) di intercettare potenziali acquirenti che non sapevano di esserlo fino a cinque minuti prima. A differenza delle offerte Apple nel relativo Store, oggi come oggi può ancora succedere di passare di fronte alla zona videogiochi di Mediaworld, Saturn o chi per essi e fermarsi incuriositi da un cartonato, da un totem di prova, dai semplici scaffaloni di giochi, anche se fino a dieci secondi prima si puntava solo al frullatore a sei velocità con innesto a freddo. All’App Store ci arrivi perché vuoi arrivarci. Anzi no. All’App Store ci arrivi se puoi arrivarci, dopo averlo voluto: perché devi avere anche iTunes installato, una carta di credito, la voglia di utilizzarle su Internet e bla, bla, bla. Un mercato ancora piccolo e minuto rispetto a quello delle console tradizionali, ma a modo suo interessante ovviamente. Più vicino per specificità ai servizi di digital download di Xbox 360, PS3, Wii, PSP e DSi. E quindi una fetta di una fetta.
Forse anche per questo la struttura dell’App Store e quindi la filosofia che sta alla base della creazione e della vendita delle applicazioni/dei giochi è tanto libertina. Anzi, è talmente inesistente. Su App Store arriva tutto e il contrario di tutto, a prezzi spesso popolarissimi, ma che ancor più spesso vanno di pari passo con il livello qualitativo tendenzialmente infame. Dal 1998 (anno di “fondazione” del PEGI – Pan European Game Information) sonoo stati catalogati circa 9000 giochi distribuiti nel Vecchio Continente. In circa un anno sull’App Store ne sono arrivati 6000 o giù di lì (il dato è fornito da mobclix.com), impossibile tenere il conto dato che gli elenchi si aggiornano con la stessa frequenza del topic sull’Iran in Twitter. Tanto è confusa e anarchica la faccenda, che oggi NGmoco ha fatto retromarcia e chiesto scusa a tutti: solo ieri aveva annunciato che il lancio (previsto per domani) di Rolando 2, uno dei più apprezzati videogiochi disponibili per lo smart phone/music player di Apple, avrebbe portato alla scomparsa del primo. Insomma: lo spazio è sovraffollato, “per dare maggiore evidenza a Rolando 2” si sceglie di eliminare del tutto il primo. Poi la  gente si è lamentata, loro han detto che era colpa del’aperitivo pesante e tutti contenti. Però è un segnale interessante.
Così come è interessante e appena un minimo demoralizzante avere la conferma che un mercato tanto libero e livellatore come la morte di Totò non aiuta la creatività: il miglior gioco (quel Rolando di cui sopra) è una versione parzialmente più confusa e largamente derivativa (yo!) di LocoRoco e relativo seguito per PSP. Senza neanche star lì a tirare in mezzo Metal Gear Touch e tutti i (tanti) limiti intrinsechi nell’hardware di Steve Jobs, che senza un’apposita interfaccia (= pulsanti) o uno schermo sufficientemente spazioso per ospitare in un’unica zona solo il sistema di controllo touch (il DS non ha due schermi così, per fare colore), è difficile fare qualcosa di buono, divertente e con un minimo di profondità.
Per ora iPhone e iPod Touch sono due begli oggettini per ascoltare musica, mandare mail fare un sacco di roba stuzzicosa, ma non per giocarci seriamente.

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