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Sympathy for the MacPhisto

MacPhisto fa le coccole a MacPhisto
MacPhisto fa le coccole a MacPhisto

L’ho scritto nella mia biografia, quindi è risaputo: il disco che preferisco, tra tutti quelli firmati U2, è “Achtung Baby”. “Scelta coraggiosa!”, direte. Be’, no, ma chissenefrega? Potrei metterci anche “War”, così, tanto per aggiungere un tocco di snobismo, ma non lo farò (l’ho fatto). E il periodo “Achtung Baby” – “Zooropa” è anche quello a cui sono più legato pensando al gruppo, assieme anche a “Pop” ok. Ovviamente e semplicemente per motivi anagrafici, sono gli anni in cui ho capito che la musica era un po’ tipo troppo meglio di tutto il resto, cioé oh, che storia. E se “Achtung Baby” l’ho scoperto un po’ dopo (per intero intendo, perché sfuggire alle varie “One” o “The Fly” in radio era impossibile), “Zooropa” l’ho vissuto tutto in diretta, su di una cassetta (comprata alla stessa Città Mercato citata qualche giorno fa) poi trascinata al campo vacanze estivo con la scuola dell’epoca. “Pop”, quindi, era il diretto discendente, nel periodo di massima mitizzazione del grande rock’n rock, in cui si scopriva tutto, si leggevano mille riviste (ricordo chiaramente di essermi avidamente spolpata l’anteprima del disco sdraiato sul letto a Vimodrone, grazie a RockStar), si discuteva anche con l’esperto di U2 di casa. Che non ero certo io. Poi il concerto a Reggio Emilia e blablabla. Ma gli anni di “Achtung Baby” e “Zooropa” avevano qualcosa di diverso, bello spalmato evidente sulla videocassetta usata per registrare il famoso concerto a Sidney dello Zoo TV Tour. Ed era un Bono in piena fase “sono Dio, ma sono ancora sufficientemente giovane per fare il coglione. Però sono Dio”. E Dio Hewson si declinava ogni sera attraverso Bono (il cantante autore), The Fly (la rock star scintillante), Mirror Ball Man (la personalità mediatica deviata) e… e MacPhisto. Il diavolo. MacPhisto era figo. Cioé, un vero baraccone mobile, ridicolo, inguardabile, eppure un figo spaziante. Oggi Bono non potrebbe vestirsi da MacPhisto, è fondamentalmente un vecchio devastato, non può (il nuovo disco però è proprio bello forte, ne parleremo in una puntata a sé). Ai tempi andava bene e mi manca tanto. Telefonava alla gente importante e la prendeva per il cippirimerlo, mica pizza e fichi. Era ancora sufficientemente rock per fare meno la star amica dei possenti potenti, quindi poteva permetterselo. Di fronte a quella distesa infinita di televisori, dietro al microfono da cui MacPhisto si prendeva i meriti del capitalismo sfrenato, della dittatura televisiva, dell’elezione di Bill Clinton e via andando. Quello era ancora un Bono vispo e scattante e lo sarebbe tuttora, se non avesse deciso di infilarsi (forzatamente) nel sarcofago con “All that you can’t leave behind”. Ma l’amore è immutato e il concerto (a San Siro) prenotato.

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