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Tra Trastevere e Venere: Toniutti su disco

L'autore del disco secondo l'autore (del disco).
L'autore del disco secondo l'autore (del disco).

Per essere uno a cui hanno regalato un sogno e un computer tanto tempo fa, Toniutti è una bella chiavica: i file .mp3 sono proprio .mp3, ma del 1997 o giù di lì. Di tag degne di essere tag manco a parlarne e quindi i file, riversati su iTunes, si accasano con i più improbabili appallottolamenti di vocali e consonanti. Insomma, non si capisce una fava e quindi i titoli veri, posto che esistano, qua non verranno citati. Che non se lo merita.

I titoli sono (sarebbero) quelli delle dieci tracce che, forse ma forse, andranno a comporre “La città vicino alla luna”, esordio discografico del Brian Wilson de no’ artri che ha di certo meno sabbia, ma non meno problemi con le intossicazioni brutte. Anche “La città vicino alla luna” ha un bel sorriso, che non è quello per cui il ragazzo spiaggiato ha perso prima la voglia di vivere e poi la brocca, ma di sicuro vanta un bel taglio ultrapopolare che poi è ultra-pop. E fa nulla se non sapete minimamente chi diavolo sia questo Toniutti, quel che conta è che dopo secoli di berciare, forse ce l’ha fatta a farlo, un disco. E sostiene anche che uscirà, con tanto di presenza attorno alla costellazione di iTunes e, vai a sapere, magari anche dei pochi negozi di musica rimasti. O perlomeno Auchan ed Esselunga.

Secondo Google questa roba c'entra col disco di Toniutti.
Secondo Google questa roba c'entra col disco di Toniutti.

Niente Neil Young e poco rock sgrattuggiato dalle pareti anni ’90 per “La città vicino alla luna” (giusto qualcosa in “uei5”), che ha anche la colpa di presentarsi in casa Zavettoni sotto forma talmente provvisoria da tagliare con l’accetta il bel pezzo d’avvio (“Al”), in cui il Nostro autore si permette di fare tutto talmente da solo che si accompagna a se stesso con una doppia voce armonizzata (si dice così?) che tanto piace all’uomo della strada. Tra il Sanremo furbetto e il giro selvaggio su Radio Capital (che è sempre di famiglia, per l’immanicato Toniutti), anche la seconda traccia (“Complice_premiodef”) pesca a piene mani dalla tradizione italiana. Ma ha un bel respiro svolazzante, con una basetta elettronica-Bontempi che si protrae impermeabile per i quattro minuti e quarantaquattro che servono al protagonista unico di mantenere sempre in primissimo piano la voce. Ecco, la costruzione di ogni canzone, spesso e volentieri, mette davanti a tutto il testo, le parole e il cantato, con la melodia che a tratti pare inseguire, come da perfetta tradizione tricolore (ancora). Che a me non piace poi un granché, però se serve per fare l’occhiolino a Giusy Ferreri… ehi, chi sono io per dire nulla?

Dal booklet digitale in PDF del disco dei Toniutti.
Dal booklet digitale in PDF del disco dei Toniutti.

Per poco più di quaranta minuti si canta dell’ordine sociale tra gente in autobus che non ha capito bene cosa sia la crisi, ma per intanto gli fanno fare il vaccino anti-maiala; si sognano notti con almeno due o tre stelle in più e se si punta il dito verso la luna è per indicare l’eventuale città che dovrebbe sorgere lì attorno. La ricetta funziona soprattutto in passaggi come la conclusiva “i_rc1”, che dovrebbe e potrebbe essere “Iride d’Estate”: sintetica e pomodorosa al punto giusto.
cittàQuel che manca è un po’ di sana sorpresa, di esplosioni inaspettate, di cambi di ritmo e dinamiche all’interno della singola canzone. La voglia di donarsi amorevolmente al pop da Stivale è però tale da giustificare una struttura così spesso a dimensione radiofonica e in cui l’odore è quello del Tevere. Che non ricordo bene che odore rimandi, ma ho delle certezze che abbia a che fare con il Toniutti qua super protagonista. Perché l’idea è proprio che sia tutta una faccenda da “one man band”, infilato con un Mac in ennemila notti con le Muratti morbide dei Baustelle, a cui viene quindi e per forza a mancare un po’ di irruenza e quella varietà garantita da almeno un tre cervelli attorno ad altrettanti strumenti.
Aggiunta in extremis: un po’ di amore extra per “Gli Impresentabili”, con quella critica politica che ha già lanciato ai tempi del debutto sulle pagine online di Repubblica. Ma anche per le inflessioni talmente e palesemente RomaCapoccia che o lo sai e quindi orgoglio capitolino al potere, oppure non lo sai e quindi è sempre una roba tenera.

Però aspetta: magari non è vero che ha fatto tutto da solo e allora metà del discorso è da buttare. Ma se così non fosse perché prendersi tutti i meriti (o demeriti, fate voi) come un Thom Yorke alla vaccinara? Gente brutta, eh.
E inoltre: è questa una recensione in potenziale divenire in zona commenti o addirittura qua, ché tanto se su un blog modifico e salvo tutto, nessuno può provarlo e alla fine ho ragione io.
Infatti: ho appena deciso che potevo dare dello spazio in più a “DANZA Mix”, che ha un’atmosfera mica male.

0 risposte su “Tra Trastevere e Venere: Toniutti su disco”

Mi sa che la versione che ho ascoltato io è vecchia e c’entra poco. O forse no.
E c’erano tre o quattro canzoni che mi piacevano molto, ma non mi ricordo i titoli.
Vabbuò, pazienza, tanto commentavo solo per dire “l’ho ascoltato pure io, due o tre mesi fa”. Buonanotte

sei un fan delle band tu, ma io che sono fan dell’home recording avrei ribaltato il discorso. Ho scritto un 150 canzoni più infiniti stralci di, e non ne ho mai registrato nemmeno una con la folle dovizia di Apecar. Secondo me la sua grandezza sta in questa perseveranza nell’inseguire il sogno di una musica che non c’è (più). Qualcunque forma prenderà il disco oltre le “release candidate” e i mix alternativi, è un’opera che a molti interesserà tanto. A me ha fatto battere il piede, mi ricorda anni giovani da uomo del ’74.
La difficoltà di fare rock italiano d’autore, oggi, è quasi inconcepibile. Non puoi più barare, se copi uno dei pochi meritevoli (Bennato/Vasco degli inizi/Finardi/Ivan Graziani/Battisti/Babalot) sei derivativo, se provi a mettere i testi italiani più chansonnier in rock o vengono fuori i Baustelle o non viene fuori un cazzo, perche’ De André funziona su altre metriche (per quanto ha saputo anche roccheggiare, ma oh, è De André).
Toniutti è Toniutti. Vendittiano finché vuoi, ma non realmente derivativo da Venditti. E’ più una questione di “scuola romana”, in cui però tiz inserisce una voce effettivamente sua, che piaccia o meno. Vorrei andare avanti a dire cose, perche’ finora non ho detto granche’ , ma debbo andare… magari dopo.

Quanta gravità che rende però lieve la lettura in questa penna, quanta chiarezza di pensiero camuffata da involuzione, quale meraviglia recensire negativamente un albums per decantarne invero la straordinarietà dell’ispirazione e dell’esecutio!

In coda alle vostre ricercate parole e dopo accurato controllo mi reimmetto segnalando che le canzoni che mi piacevano erano in effetti praticamente tutte.
Con però particolare attenzione per Ascensione Laica, Non discutere più gli ordini, Cometa e forse anche qualcuna d’altra.
Ma in effetti soprattutto Il Megaleader, sulle cui soavi note è un po’ scoppiato l’amMmore dei sessi opposti in casa mia.
Pace amore e fantasia.

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