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Fenomeni parastatali: Go Play City Sports

Go Play! City Sports (Majesco, Wii)
Go Play City Sports (Majesco, Wii)

Vi siete mai chiesti come possa essere giocare a pallone per strada? E davvero non avete trovato risposta semplicemente andando a giocare a pallone per strada? Allora l’attivissima Majesco ha la soluzione adatta a ogni occasione: Go Play City Sports (Wii, tanto per cambiare). Che è poi “dai bambino, vai a giocare a palla in autostrada”. E con questo apriamo la sezione “Fenomeni Parastatali”.

P.S. “Fenomeni parastatli” si preoccuperà di portare all’attenzione della blog-o-sfera i peggiori episodi di videogiocamento-PR d’oggigiorno. Sempre che non mi annoi prima, ma tanto per domani c’è già una chicca che levati…

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Il barile senza fondo

Whooo-oooh! Stop the press! Mad Dog bussa alla porta.
Whooo-oooh! Stop the press! Mad Dog bussa alla porta.

Nuovo colpo gobbissimo di Majesco, che, ravana ravana, tira fuori dal cilindro Mad Dog Mac Cree e lo incastra in uno splendido disco per Wii. Giusto in tempo per smentire chi credeva che si fosse recuperato tutto il recuperabile. Ma attenzione, non è che son lì a pettinare i cowboy quelli, in Mad Dog Mc Cree Gunslinger Pack (28 agosto in Europa) verrano infilati la bellezza di tre giochi: Mad Dog Mc Cree (1990), Mad Dog 2: The Lost Gold (1992) e The Last Bounty Hunter (1994), che teoricamente non ha a che fare coi primi due, ma veniva comodo far finta che si trattasse di una trilogia. Perché, se passasse per buono il messaggio che “anche quello si giocava nel vecchio west”, allora c’è anche da dire che la prolifica American Laser Games (responsabile dei giochi di cui sopra) aveva confezionato almeno altri due o tre titoli del tutto simili, sempre a base di stelle di latta e sabbia.
La macchina del tempo messa in moto da Majesco permetterà finalmente di rivivere alla grande i bei tempi delle sale giochi dei primi anni ’90, in cui il gigantesco schermo (la versione più lussuosa ne presentava uno a 50 pollici) di Mad Dog Mc Cree attirava per la bellezza di sei minuti tutti i convenuti. Poi ti accorgevi che era una delle due o tre cose più inutili che ci fossero e che magari il gestore Strozus chiedeva anche un doppio gettone, e allora via a leccare l’asfalto che era troppo più meglio. A questo punto ci starebbe anche la conversione di Holosseum. Non c’entra una fava? Volendo sì, non è la collana “riproposizione di roba oscida dell’altro altro altro ieri”?
La verità è che voglio Rad Mobile. Era pietoso ai tempi, ma forse ha fatto il giro.

Moan...
Moan...
Moan+...
Moan+...
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Il pixel è nudo

Trip da bit per beat (Bit.Trip.Beat @ Wii)
Trip da bit per beat (Bit.Trip.Beat @ Wii)

C’è gente a cui piace essere sincera: Bit.Trip.Beat dice tutto nello strepitoso titolo. Con i punti a creare un finto richiamo elettronico, una condizione binaria e forse a dare ritmo. Lo stesso ritmo promesso (e mantenuto) da quel Beat finale, arricchito dallo stile scodinzolato dal Bit e perpetuato in un lungo Trip, in senso figurato e meno figurato. Lo ha messo in piedi Aksys Games, chiedendone il permesso ai ragazzi di Gaijin e lo trovate al modico prezzo di 6 Euro sugli scaffali elettronici del Wii Shop. Bit.Trip.Beat è Arkanoid rivisto e reso divertente, perché chiariamo subito: Arkanoid era una mostruosa rottura di palle, come conferma ampiamente la riedizione voluta da Taito e lanciata poche settimane fa in zona Xbox 360. Invece Bit.Trip.Beat è intelligente, malato, sagace, fulminato in testa, colorato e tossico: nel (molto) bene e nel (poco) male. Il poco male è un male però necessario, quello del sistema di controllo appoggiato all’utilizzo in senso orizzontale del telecomando Wii, che va fatto ruotare sul suo asse icchese per muovere verso l’alto e il basso la stanghetta su schermo, impegnata a ricacciare indietro le orde di pixel nudi e crudi lanciati a ritmo da destra verso sinistra. Ecco, funziona, e funziona bene, solo che è un controllo nervoso e irascibile, capace di rilevare ogni millesimo di inclinazione e con giornate afose come queste e giochi crudeli e bucasinapsi come Bit.Trip.Beat ti ritrovi alla fine con una spugna di sudore al posto della mani. Il telecomando si è sciolto nella presa. Però va bene così, perché nel mezzo è tutto un danzare di quadratini, con coreografie improvvisate o delicatamente organizzate, esplosioni e accelerazioni. Finti rallentamenti e innumerevoli ballerini tutti presi a ridurre in liquido quel poco che rimane di buono in testa dopo i primi cinque o dieci minuti di gioco. Bit.Trip.Beat: farsi male per volersi bene.

Zavalutazione: ♥♥♥♥

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