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Big Whiskey & the GrooGrux King (Dave Matthews Band - 2009)
Big Whiskey & the GrooGrux King (Dave Matthews Band - 2009)

Il fallimento musicale di “Stand Up” (2005) e la morte di LeRoi Moore hanno messo in dubbio il senso della Dave Matthews Band in quanto gruppo da studio (prima) e in quanto band musicale in senso più generale (poi). Quello che non è mai stato in discussione è il legame e il senso di possesso sull’intera avventura che Dave Matthews esercita nei confronti del suo “comitato musicale”. E’ roba sua non solo perché il nome lo dice chiaro e tondo, ma anche perché è lui che detta i toni e gli ambienti/le atmosfere da percorrere all’interno degli album, almeno questo traspare dalle cronache e soprattutto dalle liriche di ogni canzone. Che nei riconoscimenti viene firmata da tutto i componenti, ma che è poi impossibile non riconoscere come parto del sudafricano: non per meriti, ma per demeriti.

Ci sono stati momenti meno riusciti anche in passato, ma quanto succede in “Big Whiskey & the GrooGrux King” è a tratti sinceramente demoralizzante. Il cantante/chitarrista/padrone si spreca in descrizioni e allusioni più che chiare a pratiche sessuali (“Shake Me Like a Monkey”, “Squirm”) che di per sé non sono certo condannabili, se non nel momento in cui le scelte lessicali e tutto quanto le rendono semplicemente rozze. E la musica che fluttua attorno ai versi di Dave Matthews tutt’è, tranne che rozza. Da qui la discrepanza. Simile a quella che il nostro ottiene nel momento in cui si lancia nella triste considerazione della violenza sociale di un mondo che costringe gli orsi polari a soffrire lo scioglimento dei ghiacci e un ometto sulla strada col suo bel cartello “will work for food”. Nulla di particolarmente ignobile, ma siamo poco sopra il temino di terza media. La fortuna, o la sfortuna, di Dave Matthews e della Dave Matthews Band è che la musica… be’, quella è un’altra storia.

Dave Matthews Band, tempo addietro.
Dave Matthews Band, tempo addietro.

Con “Big Whiskey & the GrooGrux King” la squadra torna unita, torna a intravedere una meta e come qualche disperato markettaro si premurerebbe di ricordarci, “ha una mission”. L’obiettivo è celebrare la morte di LeRoi (ricordato nel titolo stesso, ma anche nel pezzo strumentale di apertura) e ritrovare la dimensione migliore per il gruppo anche in studio. Succede tutto. Succede che finalmente, messa da parte l’indefinita inutilità di “Stand Up”, si torna a suonare con convinzione e ricchezza di sfaccettature anche lontani da un palco. Perché sul palco, la Dave Matthews Band, non ha mai avuto alcun problema. Problema che è nato recentemente, evidentemente, nel momento in cui ci si ritrovava in studio: dal dopo “Before these Crowded Street” in avanti è stato tutto un avventurarsi senza bussola (dischi completati e buttati alle ortiche, rifatti e riproposti, poi recuperati, poi…). In “Big Whiskey” la Dave Matthews Band spesso e volentieri pare scrivere e soprattutto suonare “live”, tutti assieme nello studio, con arrangiamenti ricchi, ma non eccessivi. Con la capacità di tornare a rallentare, con la giusta misura quando serve sottolineare i momenti più delicati cantati dal papà/padrone, con molteplici passaggi più che degni di giustificare l’idea di un nuovo disco e, in generale, un dinamismo e una convinzione nei propri mezzi che mancava al gruppo da tempo (da prima di quel 2005 del già ultra-citato “Stand Up”). Se prima l’idea e il triste sospetto fosse che la band si ritrovasse in studio costretta a esserci per giustificare la propria esistenza, in “Big Whiskey” l’idea è che volessero esserci e starci. Se con “Stand Up” la sensazione è che si fosse alla disperata ricerca di qualcosa da dire e di un modo per dirlo che non facesse il verso a se stessi, con “Big Whiskey” la musica fluisce naturale, anche dalla chitarra del ritrovato Tim Reynolds.

Aggiuntina posticcia: conteggiando anche le quattro canzoni incluse nel bonus disc, “Big Whiskey” acquista definitivamente una dimensione da peso massimo nella discografia del gruppo. Particolare menzione con lingua arrotolata a “#27”.

(in apertura di post: “Alligator Pie” – Dave Matthews Band)

Dave Matthews Band – Big Whiskey & the GrooGrux King
RCA – 54 minuti
Queste dovete ascoltarle: Alligator Pie, Shake Me Like a Monkey, Lying in the Hands of God

Zavalutazione: ♥♥♥

3 risposte su “Musica e parole di”

Gradisco pure io, è il primo disco della DMB che riesco ad ascoltare davvero spesso e con piacere dai tempi di Crash.
Sottolineo però che testi grezzi e volgarotti Dave Matthews li ha sempre partoriti… non dimenticherei l’invito a tirarsi su la gonna proprio di Crash (intome).
😀

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