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Area.21: Cool Spot (Virgin – Megadrive)

Cool Spot, chiamato così perché in realtà è un disco rosso con occhiali da sole da fico (a parte rappresentare il logo della 7 Up, bevanda molto più diffusa negli States che da noi), ha di recente scoperto che tutti i suoi amici sono scomparsi, non per improvvisa chiamata alle armi o per influenza suina, ma perché sono stati rapiti e ora si ritrovano segregati in posti difficili da trovare e pattugliati da creature nemiche dei dischi rossi! [Clicca qui per leggere tutta la recensione]

Cool Spot (Virgin, MD)
Cool Spot (Virgin, MD)

Cool Spot, chiamato così perché in realtà è un disco rosso con occhiali da sole da fico (a parte rappresentare il logo della 7 Up, bevanda molto più diffusa negli States che da noi), ha di recente scoperto che tutti i suoi amici sono scomparsi, non per improvvisa chiamata alle armi o per influenza suina, ma perché sono stati rapiti e ora si ritrovano segregati in posti difficili da trovare e pattugliati da creature nemiche dei dischi rossi! Cool Spot viaggia quindi per cantine, spiagge e porticcioli californiani alla ricerca dei suoi improbabili compagni di bevute, il che comporta ovviamente perlustrazioni e acrobazie attraverso livelli ricchi di piattaforme e baratri, alla contemporanea conquista dei punti bonus necessari per aprire le gabbie anti-disco.

E insomma, tutto questo non denota esattamente il più originale dei platform esistenti al mondo, a parte le aggravanti del nonsense della storia e della convenzionalità del gameplay (come spesso succede quando si tratta di roba made in Dave Perry), ma il prodotto finale è comunque di prima scelta grazie alla pulizia degli scenari e alla ricca animazione del nostro ‘red dot’ con gambe e braccia annesse. Tant’è vero che ai suoi tempi (estate ’93) il rosso tipo da spiaggia riuscì a conquistare le classifiche di vendita da tutte e due le parti dell’Atlantico, fino a guadagnarsi la reputazione di star suprema (reputazione purtroppo sgonfiatasi al momento del sequel).

Dalla 7up alle animazioni stand still: un punto rosso.
Dalla 7up alle animazioni stand still: un punto rosso.

David Perry, alla sua seconda prova su Mega Drive e ancora dipendente da Virgin per distribuzione e marketing, corregge il tiro rispetto a Global Gladiators (più livelli – undici con in aggiunta gli ottimi bonus stage – e due gradi di difficoltà, di cui uno tosto come una pietra), ma rinuncia alla modalità per due giocatori e sposta il gameplay ancora più sul versante platform. Il nucleo della futura Shiny Entertainment non si è mai distinto per la creatività delle scelte e tanto meno poteva farlo in fondo in questo caso, con una doppia trazione (7 Up e Virgin) a dettare il carattere commerciale della produzione. Cool Spot quindi è quello che è, senza scampo, ma con le sue qualità: una rappresentazione perfetta dei platform di allora, spettacolare al massimo possibile dell’epoca nel suo 2D, impeccabile nei comandi, con un ottimo sonoro e con una bella sfida da affrontare. Alla fine, un prodotto simile a un album di musica pop: niente di nuovo da scoprire, ma qualcosa da masticare e rimasticare ad (rapida) nauseam.

(NO1)

(Visita Area.21 cliccando qui)
(Visita la pagina originale della recensione di Cool Spot).

Cool Spot (MD)
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Cool Spot (MD)
Cool Spot (MD)

2 risposte su “Area.21: Cool Spot (Virgin – Megadrive)”

Dato che il testo non è mio ma del poliedrico NO1, spreco due parole veloci sul gioco: è una mezza palla. Forse anche una palla clamorosa. E lo dice anche piuttosto bene il NO1: “una rappresentazione perfetta dei platform di allora”. Negli anni ’90 spesso e volentieri i giochi di piattaforme non sono esistiti se non formalmente, come mezzo per infilarci opossum. Nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di roba tutto sommato mediocre, ma molto mediocre. Però allora si puntava tutti sui personaggi e il personaggio, allora, lo vendevi così. Dave Perry non ha mai avuto qualcuno al suo fianco che facesse del level design davvero interessante (forse MDK, mentre di Wild 9’s ricordo poco).
Momento nostalgia: Cool Spot Goes to Hollywood (si chiamava così) è stata una mia recensione nell’epoca “Game Power sta morendo, aioto”. E non mi era dispiaciuto troppo, tutto sommato.

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